"è assolutamente evidente che l'arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV"
Woody Allen

Il cinema non è un mestiere. È un'arte. Non significa lavoro di gruppo. Si è sempre soli; sul set così come prima la pagina bianca. E per Bergman, essere solo significa porsi delle domande. E fare film significa risponder loro. Niente potrebbe essere più classicamente romantico.
Jean-Luc Godard

Tuesday, December 31, 2013

La mafia uccide solo d'estate

E' difficile raccontare attraverso una macchina da presa eventi drammatici, sia personali che storici, senza scadere nella banalità o nel patetico (come oggi, al contrario, si usa fare perchè non ci sono poi tanti contenuti da trasmettere, sia nel cinema che in TV); così facendo regista e pubblico finirebbero per non vedere l'evento con sguardo critico, ma rimarrebbero avvolti da un'iniqua coltre di sentimentalismo che non li aiuterebbe a comprendere, paradossalmente, nemmeno i sentimenti di chi davvero li ha vissuti.
Ecco che il primo film di Pif riesce a superare tale ostacolo, come molti prima di lui: La scelta di Sophie (Pakula), La vita è bella (Benigni), Gomorra (Garrone), Il caso Mattei (Rosi) e tanti altri. C'è chi racconta la tragedia sotto forma di documentario, come Garrone o Rosi, chi tramite un film drammatico ma mai patetico (Pakula) e chi preferisce la commedia, come Benigni e Pif.
L'inizio e la fine del film sono riprese documentate tramite handycam dal protagonista in persona, sullo stesso stile su cui Pif ha imbastito il suo programma televisivo Il Testimone, delle puntate basate su interviste e sopralluoghi effettutati in prima persona con una semplice telecamera a mano.
Il corpo del film, invece, è girato ordinariamente con l'efficace intermezzo di filmati veri dell'epoca che contribuiscono a rendere ancora più realistica l'ambientazione della storia di Arturo in una Palermo che, insieme al percorso di crescita del suo protagonista, è contrassegnata da continui attentati mafiosi tra gli anni '80 e '90
L'idea di immaginare come un bambino potesse avere vissuto tutto il suo percorso di formazione in quegli anni bui della storia italiana, rende il film originale e imperniato di vero realismo; come un novello Rosso Malpelo verghiano, anche Arturo dovrà confrontarsi con i suoi eroi e i suoi antieroi, con la mentalità degli adulti, imparando a cambiare ideali e sperimentando in prima persona l'ipocrisia e la poca limpidezza che contrassegnano il mondo dei "grandi".
E' un racconto di formazione dentro la storia e la cultura palermitana. 
La storia d'amore con Flora è abbastanza scontata, ma è il motore che fa progredire il film: ogni azione di Arturo (al fine di conquistare quasi sempre Flora) si mescola casualmente con un'azione mafiosa che contrasta sempre i suoi piani (ad esempio l'esplosione del bar in cui è solito comprare ogni giorno un dolce per Flora). E' proprio in questo modo che Arturo viene a contatto diretto con il mondo del crimine organizzato, attraverso degli eventi che riguardano la sua vita e il suo piccolo mondo di bambino, coinvolgendolo così in prima persona e determinando i suoi successi ed insuccessi amorosi.
Il secondo motore che lo spinge a partecipare attivamente alla storia a lui contemporanea è la sua passione per Andreotti, allora Presidente del Consiglio: anche lui da giovane aveva avuto gli stessi problemi di Arturo nel conquistare una ragazza, perciò chi meglio di lui avrebbe potuto aiutarlo?
E da questa banale osservazione, Arturo maturerà ben presto una consapevolezza nuova e adulta avendo la fortuna di intervistare il giudice Falcone per un concorso scolastico. 
Originale ed emblatica l'idea da cui deriva il titolo: Arturo si accorge che i grandi tendono a non parlare degli eventi mafiosi, fanno finta che il problema non si pone, e proprio da questo silenzio, figlio dell'indifferenza, maturano alcune domande ingenue ma pertinenti: "La mafia ucciderà anche noi?" "Tranquillo, ora siamo in inverno; la mafia uccide solo d'estate".
Alcune scene sono ben congeniali al significato del film, come quando Arturo va al comizio di Andreotti, o quando intervista Falcone, oppure quando nel finale porta il figlio in giro per le vie di Palermo dove vengono ricordate le vittime della mafia (questa scena riprende in pieno i canoni stilistici de Il Testimone). 
Ne La mafia uccide solo d'estate non conta tanto la forma, nè il montaggio, nè la cura stilistica delle riprese, nè la colonna sonora (tutti questi elementi riecheggiano lo stile delle serie televisive); contano i contenuti e la tessitura della trama, l'idea di come la quotidianità di un bambino si intrecci alla quotidianità del mondo e della storia e come da essa venga influenzata. Questo è ciò che lo rende unico. 
Applausi a fine film in tutte le sale italiane.


 

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