"è assolutamente evidente che l'arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV"
Woody Allen

Il cinema non è un mestiere. È un'arte. Non significa lavoro di gruppo. Si è sempre soli; sul set così come prima la pagina bianca. E per Bergman, essere solo significa porsi delle domande. E fare film significa risponder loro. Niente potrebbe essere più classicamente romantico.
Jean-Luc Godard

Thursday, October 4, 2012

REALITY


Accompagnato dalla colonna sonora d'atmosfera firmata Alexandre Desplat, Matteo Garrone dà vita ad una seconda realtà dopo quella mafiosa di Gomorra, altrettanto cruda e amara, sebbene intrisa di sogni e ingenuità: Reality
Con sguardo lucido e distaccato, da vero neo-realista, il regista lascia completa voce e spazio ai pensieri e alle speranze di una famiglia media del Meridione, la tipica famiglia su cui punta il mondo dei media e del marketing, su cui fanno presa i target televisivi, il mondo patinato degli show televisivi, le pubblicità, il consumismo di massa ... e anche il Grande Fratello, reality show di moda, di fama, di soldi.
Questa cultura dell'apparire è ormai così inconsciamente radicata nella famiglia di Luciano, il protagonista pescivendolo di professione, che, per riscattarsi dalla povertà morale, fa ricorso all'ostentazione di una sfarzosità pacchiana e innaturale già nell'abbigliamento in occasione di un matrimonio. 


A questo proposito è emblematico il ritorno a casa dalla festa dove ognuno nella propria stanza dall'intonaco scrostato è ripreso mentre si spoglia di quegli abiti di plastica luccicanti, ritornando alle comuni lamentele sui propri acciacchi, sulle scale di casa troppo ripide, sul cibo, in un rituale che sa molto di maschere pirandelliane. 
Proprio con una carrozza dorata settecentesca trainata da cavalli bianchi si apre la prima scena, in un'atmosfera da favola a cui fa da sfondo la visionaria armonia di Desplat ed un leggero venticello che soffia come se volesse portare a tutti un po' di polvere magica. 


La macchina da presa comincia a restringere il campo dal paesaggio alla strada su cui sfreccia la carrozza, fino ad introdurci in una villa dove i regali sposi scendono, tagliano un nastro bianco, aprono delle scatole da cui escono tante colombe bianche e ... una voce all'altoparlante irrompe violentemente in questa favola perfetta riportandoci ad una realtà che lascia un sorriso bieco sulle labbra, ovvero il fatto che quella villa sia divisa in settori, ognuno destinato ad una delle tante famiglie che quel giorno festeggiano i propri sposi. 
Il sogno di Luciano di entrare al Grande Fratello non è che la summa di tutte le surreali fantasticherie che il mondo della televisione ci propone quotidianamente facendocele apparire come reali, fino al punto che qualcuno comincia a crederci davvero rinunciando al lavoro, alla famiglia, agli amici e anteponendo alla vera realtà un'altra fittizia e di evasione; 



Luciano diventa sospettoso verso tutti, crede di essere spiato dai produttori del GF e messo continuamente alla prova, è tormentato dall'attesa di una chiamata che lo consacrerà al mondo dei divi, degli intoccabili, di chi ripete lo stereotipato slogan "Never give up", di chi partecipa alle serate in discoteca attaccato ad un cavo d'acciaio, ondeggiando come un fantoccio in balìa delle mani di un branco di squali assetati di notorietà e intrisi di luoghi comuni. 


Di particolare interesse è la lenta metamorfosi di Luciano che viene per lo più colta dal suo sguardo prima incuriosito, poi indagatore, poi ansioso, poi sospettoso e infine divertito mentre guarda tutto il giorno alla TV il reality che ama tanto. 
Infine Luciano arriva ad una sua piccola vittoria (o definitiva sconfitta?): riesce ad entrare di nascosto nella casa del GF, osserva a lungo i concorrenti ballare e scherzare e anche lui ride di gusto, così tanto da non permetterci di comprendere se la sua sia la risata di colui che ha deciso di lasciarsi quella realtà rarefatta alle spalle o quella di un personaggio che ha deciso di non abbandonare più ad una realtà totalmente stravolta e artefatta.
Ogni scena del film è detentrice di una saldo significato che non tende assolutamente a fare del moralismo; alcune scene sembrano essere state studiate per rimarcare ancora di più il sottile confine che separa due realtà di cui il titolo si fa carico.

Ad esempio la scena che vedete qui sopra rappresenta un punto nevralgico della vita di Luciano: egli è appena ritornato a casa dal provino e si inchina agli applausi dei suoi vicini. Tutto questo, compresa la scenografia del cortile che rimanda ad un palco scenico, porta la realtà a mescolarsi con un'enorme messa in scena, ossia quella che avviene in una commedia teatrale, in un gioco di ambiguità che determina presto in Luciano il primo passo verso lo spaesamento e la perdita d'identità. Egli, insomma, crede di fare parte già di quel mondo televisivo tanto è forte il suo desiderio di evasione da una realtà che non rispetta la perfezione trasmessa per TV.  
Altra scena caratteristica è quella dei figli che per primi chiedono al padre di fare il provino: Luciano, infatti, ha ceduto alle richieste dei bambini dapprima per gioco, poi ne è stato maniacalmente influenzato. Ciò significa che il pubblico più giovane è molto più influenzabile di un pubblico adulto, perchè non ha ancora dei parametri di giudizio. 
Garrone ci parla di una realtà influenzata a sua volta da un'altra, all'apparenza tangibile, che troppe volte ci condiziona, anche inconsciamente, e che guadagna dal nostro uso e consumo di tutto ciò che ci propone. 
Reality è il risvolto della stessa medaglia e anche se la mediocrità di Luciano ci parrà una caricatura troppo esagerata, potremo sempre pensare che questa storia non è nient'altro che una favola: come è giunta ora se ne va, la stessa musica misteriosa e suggestiva prepara lo spettatore ad abbandonare per sempre quel mondo e a lasciare il protagonista al suo personale lieto fine.